Occhi Misteriosi

Inquietanti, indagatori… cosa ci vogliono dire gli occhi di Nagar?

Chissà se il Prof. M.E.L Mallowan- marito di Agatha Christie, una che di enigmi se ne intendeva – responsabile degli scavi archeologici di Tell Brak nel 1937 e 1938, sarebbe contento di sapere che a ottant’anni di distanza non siamo ancora risusciti a svelare il mistero della sua scoperta più affascinante: mi sto riferendo al Tempio dell’Occhio (Eye Temple) e alle migliaia di strane statuette che vi sono state trovare.

Sono chiamate “Eye Idols”, ma che rappresentino effettivamente una divinità non è chiaro. È invece indubbio che il centro focale della rappresentazionesiano gli occhi: giganteschi, profondi, sostenuti da un corpo volutamente stilizzato e asessuato, sembrano fissarci dagli abissi del tempo.

Ma andiamo per ordine. Tell Brak è quel che resta di Nagar, un insediamento semita sorto nel VI millennio a.C.  sulle sponde del fiume Khabur, nella Mesopotamia del nord. Il villaggio diventa città (= alta specializzazione del lavoro e centro politico ed economico del territorio circostante) intorno al 4000 a.C., in contemporanea con Uruk, con cui quindi compete per il primato di città più antica al mondo. Della metropoli sumera – ben più importante durante tutto il IV millennio – subisce comunque l’influsso, tanto che è certo che abbia ospitato una colonia urukina almeno fino al 3100 a.C.

Durante il Protodinastico (3100-2334 a.C.), diventa una delle potenze dell’Alta Mesopotamia, insieme a Ebla e Mari, oltre che uno snodo fondamentale dei traffici commerciali. Viene poi occupata dalla dinastia accadica (non si sa se già da Sargon il Grande o dal nipote Naram-Sin, che vi farà costruire un imponente palazzo) e da quel momento inizia una lenta ma costante decadenza, che la porta intorno al 2000 a.C. a diventare un centro secondario del regno di Mari e quindi a essere inglobata in quello dei Mitanni prima e degli Ittiti poi.

Il complesso templare dell’Eye Temple, situato nella zona sud della città, rimane attivo per almeno 1.500 anni, dal 3800 al 2300 a.C., e come spesso accade in Mesopotamia si è evoluto nel tempo attraverso la costruzione di nuovi edifici costruiti sui resti di quelli utilizzati in precedenza. Gli archeologi hanno individuato quattro diversi livelli, il primo dei quali (il “Red Eye Temple”,dal colore rosso dei mattoni che lo costituiscono) risale all’inizio del periodo cittadino. A seguire sono stati rinvenuti il Grey Eye Temple e il White Eye Temple, per l’intonaco bianco del pavimento.

Il livello più superficiale, che Mallowan chiamò semplicemente “Eye Temple”, è l’unico a cui si può associare in modo inequivocabile il culto della dea sumera Inanna, (Ishtar in semita) in quanto decorato con la stella a otto punte, un simbolo a lei associato.I livelli più bassi rimangono invece di difficile attribuzione, e sono proprio quelli in cui sono state trovate le misteriose statuette dai grandi occhi. Esaminiamole un po’ meglio.

Si tratta di oggetti di piccole dimensioni, dai 2 ai 13 cm di altezza, che rappresentano un corpo umano stilizzato che sorregge una testa costituita praticamente solo dai due occhi. Questi sono scavati, spesso muniti di iride e pupilla e sormontati da sopracciglia unite in una unica riga ondulata. La stessa decorazione a righe ondulate la si trova spesso rappresentata sul corpo. Sono stati rinvenuti anche sculture che rappresentano due o più figure umane con le medesime caratteristiche.

A sinistra: Eye-Idol del British Museum, acquisito nel 1938 a seguito degli scavi realizzati da Mallowan nell’Eye Temple a Tell Brak, Siria. Databile alla seconda metà del IV millennio a.C. Realizzato in calcite, altezza 4.21cm.
A destra: Eye-Idol del British Museum, acquisito nel 1938 a seguito degli scavi realizzati da Mallowan nell’Eye Temple a Tell Brak, Siria. Databile alla seconda metà del IV millennio a.C. Realizzato in pietra, altezza 6.35 cm.

Possiamo fugare l’idea che si trattasse di oggetti di scarsa importanza. Gli Eye Idol sono stati trovati in migliaia di esemplari, ma solo a Nagar, costituendo quindi una specificità della cultura locale; inoltre sono realizzati principalmente in alabastro, gesso o (raramente) osso, materiali di un certo pregio. Infine, se la forma umana è stilizzata, sono comunque scolpiti con una grande cura attenzione ai particolari segno dell’intervento di lavoratori specializzati. La loro semplicità quindi è intenzionale e diretta a enfatizzare i grandi occhi, che erano riempiti di pasta colorata per renderli ancora più evidenti. Tutto quindi indica che fossero oggetti di un certo valore.

Ma a cosa servivano? Per la stragrande maggioranza sono stati trovati mescolati alla malta e ai mattoni delle pareti del tempio, per cui si può presumere che fossero oggetti votivi lasciati dai fedeli, ma non mancano rinvenimenti in abitazioni e un Eye Idol è stato trovato nella tomba di un infante. Non si sa però chi o che cosa dovessero rappresentare: il devoto stesso? Una divinità? In questo caso, quale?

Gli studiosi si sono sbizzarriti nel formulare teorie. C’è chi li considera un simbolo di Inanna, ma come già detto la datazione del “White” e Grey Temple” è più antica a quella del periodo in cui culto della dea sumera si è esteso nella Mesopotamia del Nord. Altri li hanno ricondotti al culto di Belet-Nagar, la “Signora di Nagar”, divinità poliade della città, ancora più importante di Inanna. Ma il suo tempio era in un’altra zona dell’abitato e soprattutto il suo culto prende piede solo nel III millennio, quando ormai anche il White Eye Temple era sepolto sotto il livello più recente. Altri ancora hanno associato gli Eye Idols, insieme agli Spectacle Idols (i “fratelli poveri” dei precedenti: di argilla, con le orbite bucate, ritrovati in molti siti del nord Mesopotamia) all’attività della tessitura: una rappresentazione degli strumenti per filare la lana usati all’epoca.

La teoria più affascinante è che siano legati al culto di una divinità ancora sconosciuta e venerata in tutto ilnord Mesopotamia, fino all’Anatolia: una dea della fertilità, legata all’occhio e alla vista.

Il mistero rimane. Forse ci vorrebbe l’Hercule Poirot o la Miss Marple di Agatha Christie per risolverlo, visto che né il marito né gli archeologi successivi ci sono riusciti.

Per chi volesse approfondire, consiglio: Arabella Cooper, “The Eyes Have It: An In-Depth Study of the Tell Brak Eye Idols in the 4thMillennium BCE: with a primary focus on function and meaning” – Honours Thesis, Department of Archaeology of the University of Sydney